mindfulness-psicologo_frosinone_mauro_bruni

 

Le abilità che la Mindfulness permette di sviluppare, potenzialmente fanno già parte di noi. Dobbiamo solo allenarle.

1. Attenzione al presente

L’indicazione fondamentale della Mindfulness è : – “Bisogna tenere a mente di prestare attenzione al momento presente. Al qui e ora”.

In termini pratici, ciò si traduce nella pratica di una vigile attenzione e consapevolezza di ciò che entra nel campo della coscienza, senza lanciarsi in ragionamenti, giudizi e tentativi di spiegazione. Senza respingere ma allo stesso tempo senza essere catturati.

Non si tratta di raggiungere stati di benessere “non dobbiamo rilassarci, nessuno stato speciale da raggiungere”. Il vero obiettivo della mindfulness è darci la possibilità di scegliere in piena libertà e consapevolezza.

Porsi nell’ottica di semplice “osservatore” dei propri pensieri, può permetterci di scegliere che cosa fare. Quando diventiamo ansiosi o depressi, quando il futuro ci preoccupa o i sensi di colpa non ci lasciano andare, probabilmente il flusso di pensieri ci ha catturato e ci sta “trascinando” via.

Quando riusciamo ad osservarci nel presente, riprendiamo il controllo di noi stessi; potremmo capire che forse ci stavamo preoccupando troppo, oppure potremmo decidere di tornare in seguito sul problema e risolverlo con più calma e cognizione di causa. Non meno importante, potremmo avere il tempo per evitare di compiere gesti impulsivi che pagheremmo a caro prezzo.

Non si tratta di cancellare pensieri ed emozioni o di bloccarli sul nascere, ma di porci con gli stessi pensieri ed emozioni in modo totalemente diverso, in un modo che non richiede di identificarci totalmente con essi.

La nostra mente è un flusso continuo di pensieri. Come nei pressi di un fiume che scorre noi possiamo fare una scelta: gettarci in acqua e aggrapparci ai nostri pensieri facendoci travolgere dalla corrente, oppure metterci sulla riva ad osservare quello che succede.

2. Smettere di “fare” e iniziare ad “essere”

“…viviamo per cancellare gli impegni dalla lista delle cose da fare, poi caschiamo esausti sul letto a fine giornata, solo per saltare su il mattino seguente e lasciarci riafferrare ancora una volta dalla macina del mulino”.(1)

Oggi siamo così assorbiti dal pensiero di dover raggiungere obiettivi ed essere all’altezza di certi standard che neanche ce ne rendiamo più conto. Dopo qualche decennio di vita, spegnere l’idea che sia necessario sforzarsi per risolvere qualsiasi problema può essere difficile; è la prima difficoltà con cui ci scontriamo quando iniziamo a praticare.

Perché succede questo?

Uno dei modi di funzionare della mente viene definito come modalità “del fare”. E’ quella modalità che ci spinge a raggiungere degli obiettivi prefissati. Questi obiettivi possono riguardare il mondo esterno (prendere il treno, costruire una casa, andare sulla Luna) o il mondo interiore del Sé (sentirsi felici, non commettere errori, essere una brava persona). (2)

Questo modo di essere non è nacessariamente causa di problemi. Anzi, in moltissimi ambiti della vita, la modalità del fare rende migliore la nostra vita. Il discorso cambia, e molto, quando questa modalità si propone per risolvere cose che non può in alcun modo risolvere. In altre parole quando il nostro Sé è implicato.

In questi casi quello che accade è che ci formiamo un’ideale di noi stessi (ad esempio qualche stato desiderabile che ci piacerebbe raggiungere, qualcosa che vorremmo essere) e ne valutiamo continuamente la discrepanza con quello che invece è nella realtà. A questo punto, automaticamente, cercheremo senza sosta di colmare la differenza tra il modello ideale e la realtà e continueremo fino a quando non avremo raggiunto quell’obiettivo prefissato.

Il fatto è che molti obiettivi, semplicemente, non possono essere raggiunti in questo modo! E la modalità “del fare” si rivela un presupposto inutile e perfino dannoso perché si traduce in un incessante rimuginio dei pensieri che genera insoddisfazione e sottrae energia a corpo e mente.

3. Limitazione dei giudizi

Noi siamo abituati ad etichettare e giudicare tutto. Anche se giudicare nel linguaggio comune ha spesso una valenza negativa, in termini psicologici il giudizio è un processo fondamentale e incessante.

La maniera non giudicante proposta dalla mindfulness (un processo che diventa più chiaro nel momento in cui si affrontano gli esercizi) si riferisce a molti dei giudizi che tendiamo a dare – questo è bello, questo non mi piace, questo è giusto, questo sbagliato – che sono troppo semplici, dati senza pensare veramente e restringono la complessità dell’esperienza che viviamo, facendoci percepire un mondo più povero.

Correntemente, nel modo informatico si sente parlare di realtà aumentata quale possibilità di espandere le informazioni utili a nostra disposizione. All’opposto, siamo in grado di renderci conto quando siamo noi stessi, con i nostri pensieri automatici, a “regalarci” una realtà diminuita attraverso tutti i giudizi e le idee che abbiamo sulle persone, sulle cose e sul mondo?

 

  1. J.Kabat-Zinn. Mindfulness per principianti.
  2. Segal, Williams, Tesadale, 2014.