Molti problemi infantili hanno diverse cause. A volte i fattori psicologici sono una causa principale o scatenante, altre volte sono una conseguenza di condizioni preesistenti. In ogni caso è molto importante comprendere subito qualsiasi situazione problematica, ricordando che prima si interviene migliori saranno i risultati.
I bambini molto piccoli possono soffrire a causa di problemi esclusivamente psicosomatici come le famose coliche intestinali idiopatiche dei primi mesi, il laringospasmo, l’asma ecc., mentre in quelli più grandi sono frequenti i disturbi del sonno, dell’alimentazione, i disturbi affettivi (che riguardano la gestione delle emozioni di paura e tristezza), i disturbi del linguaggio e le difficoltà di attenzione/iperattività.
Nella maggioranza dei casi è evidente una cattiva gestione delle emozioni “difficili” che non riguardano mai solamente il piccolo, ma le relazioni tra il bambino e gli altri membri della sua famiglia.
- Disturbi dell’attaccamento e della relazione bambino-genitore
- Disturbi psicosomatici
- Disturbi della regolazione
- Disturbi affettivi
Disturbi dell’attaccamento e della relazione bambino-genitore.
Tutti i bambini, dopo pochi mesi dalla nascita, sono in grado di sviluppare un attaccamento verso una figura in particolare. Esistono diversi tipi di attaccamento che dipendono dal modo con cui ci si prende cura del bambino: alcuni “stili” di attaccamento sono connessi con uno sviluppo sano, mentre altri espongono al rischio di sviluppare problemi. Altri ancora sono patologici e sengano l’inizio di uno sviluppo disturbato.
Leggi tuttoIn passato è stato dimostrato che ciò che i bambini ricercano prima di tutto (addirittura prima del cibo) è la vicinanza e la protezione da parte di un adulto. L’attaccamento è un comportamento innato che a partire dai 10-12 mesi il bambino mette in pratica ogniqualvolta si trovi in una situazione di stress e angoscia.
Vediamo brevemente di cosa si tratta (i primi studi sull’attaccamento risalgono a più di 50 anni fa e si sono rivelati di una importanza così fondamentale nella prevenzione e cura della salute che la diffusione ancora piuttosto parziale di queste scoperte, nel senso comune, non è per niente giustificata).
Teniamo bene a mente quanto segue:
- Quando un bambino si sente “vulnerabile”, quando ha fame, è malato, è in ansia, a disagio, spaventato o incerto, si rivolge intenzionalmente alla sua figura di riferimento per chiedere protezione e per essere accudito;
- A questo bisogno fondamentale di vicinanza, il genitore può rispondere in diversi modi, più o meno sensibili;
- Il modo in cui il genitore risponde lascia una traccia nel bambino, una “memoria”;
- L’insieme organizzato di queste memorie costituisce un modello mentale (modello operativo interno) che determina il comportamento del bambino nei confronti dei genitori e successivamente degli altri.
I tipi principali di attaccamento sono i seguenti:
Modelli di attaccamento | Modello mentale del bambino/strategie utilizzate per gestire le emozioni | Qualità delle cure | Comportamenti tipici | NORMALE/
PATOLOGICO |
SICURO
60-65% dei bambini) |
Al loro interno questi bambini pensano che la loro madre è affidabile e che interverrà prontamente in caso di bisogno.
Si affidano al genitore essendo sicuri di ricevere conforto e comprensione |
Le figure primarie di questi bambini sono ritenute accoglienti, sensibili e disponibili emotivamente. | Questi bambini esplorano l’ambiente liberamente. Manifestano affetti positivi (sorrisi e gesti fisici); se tristi ricercano il contatto con il genitore e una volta consolati riprendono l’esplorazione. | NORMALE |
EVITANTE (insicuro)
20-25% dei bambini |
I bambini evitanti imparano che il genitore può rifiutare le loro richieste di cure. Si difendono da tutte le emozioni spiacevoli (causate dal rifiuto) escludendole dalla coscienza e concentrandosi sull’ambiente circostante. Rinunciano a chiedere conforto alle figure di attaccamento. | Le madri (o chi se ne prende cura) di questi bambini sono ritenute invadenti, iperattive e non utilizzano il contatto fisico per dare conforto (ad es. se il bambino si avvicina e vuole essere preso in braccio, possono rifiutarlo). | I bambini evitanti si ritrovano a dover gestire da soli le emozioni spiacevoli; per questa ragione sono bambini che esplorano l’ambiente facilmente, manifestano poco gli affetti positivi; si focalizzano sui giocattoli, se presi in braccio possono irrigidirsi e inarcare la schiena come segnale di rifiuto per il genitore. | NORMALE (a rischio per disturbi della condotta) |
AMBIVALENTE (insicuro)
10-15% dei bambini |
Questi bambini danno segnali di sofferenza perché sono incapaci di trovare una strategia mentale o comportamentale per gestire le emozioni a causa di risposte contrastanti e contraddittorie da parte di chi si prende cura di loro. | Le madri di questi bambini sono incostanti oppure imprevedibili oppure incapaci di comprendere le richieste “affettive” dei bambini. Possono rispondere con sensibilità in certe occasioni ma meno in altre (ad es. perché coinvolte in altre questioni o disturbate emotivamente da qualcosa). | Bambini spesso passivi o agitati e che fanno difficoltà a esplorare l’ambiente o ad integrarsi nei giochi con gli altri. La loro ambivalenza è evidente perché possono manifestare una alternanza di comportamenti di vicinanza e affetto per il genitore ed esplosioni di rabbia e di rifiuto. Quando molto agitati, non si calmano facilmente e sono incerti se avvicinarsi al genitore o meno. | NORMALE (a rischio per disturbi d’ansia) |
DISORGANIZZATO DISORIENTATO | Questi bambini sono “bloccati” tra la tendenza ad avvicinarsi al genitore e quella ad allontanarsi poiché può essere lo stesso genitore la fonte dello spavento e dell’incertezza.
Non poter utilizzare il genitore come fonte di rassicurazione per il fatto che è lo stesso genitore a suscitare paura crea una situazione di disorientamento dove il bambino è così disturbato da non poter imparare una strategia di comportamento per fare fronte all’angoscia. |
I genitori possono avere lutti o traumi irrisolti, o altre patologie psichiatriche in atto. Possono essere molto spaventati dalle reazioni del bambino.
Sono frequenti i maltrattamenti fisici/psicologici. |
Le emozioni travolgenti che questi bambini provano non permettono loro di organizzare un comportamento coerente.
La difficoltà in cui si trovano questi bambini è evidente nel comportamento: possono avvicinarsi e poi rifiutare il genitore, mostrare paura e indietreggiare e nascondersi, congelarsi e rimanere immobili con espressioni vuote o depresse o che indicano paura, nascondono il volto quando compare il genitore, corrono verso il genitore come per cercare conforto poi improvvisamente cambiano direzione, o cadono a terra. Assumono posizioni del corpo anomale e bizzarre in vicinanza del genitore. |
PATOLOGICO |
La maggioranza dei bambini possiede un mix di strategie sicure ed insicure. E’ normale (è una questione di misura).
Inoltre, per più del 65% del tempo di una giornata qualsiasi, bambini e genitori non si trovano affatto in uno stato di comprensione reciproca.
In altre parole, un genitore (anche il miglior genitore del mondo) fallisce più della metà delle volte quando deve interpretare le richieste del suo bambino.
Ciò che fa la differenza è la capacità successiva di riparare a questi “errori” di comprensione, sintonizzandosi sulle reali necessità affettive del bambino. Relazioni che non sono in grado di ripararsi e ristabilire sintonizzazione (emotiva), conducono ad uno sviluppo peggiore.
N.B. Solitamente i genitori non sono coscienti di quali caratteristiche li contraddistingue nella relazione con il bambino e, del tutto inconsapevolmente, tendono a raccontarsi e a mostrarsi agli occhi degli altri in termini estremamente favorevoli e a ritenere “migliori” i propri metodi educativi.
Osservata dall’esterno, una relazione bambino-genitore che interferisce con lo sviluppo della personalità del bambino può avere le seguenti caratteristiche:
IPER-COINVOLGIMENTO | Il genitore spesso interferisce, domina il bambino, fa richieste eccessive, lo controlla e non lo lascia libero di esplorare. Vive periodi di ansia, depressione, collera e può comportarsi con il bambino trattandolo come un suo pari; ciò impedisce una chiara definizione dei limiti e dei confini personali (si fa fatica a non anteporre i propri bisogni a quelli del bambino, che passano in secondo piano o non vengono riconosciuti).
Il bambino può apparire sottomesso, con abilità motorie insufficienti, può esprimere frequentemente rabbia e pianto. |
IPO-COINVOLGIMENTO | Il genitore è insensibile e non in sintonia con i segnali del bambino; ha un comportamento incoerente rispetto a ciò che dice; rifiuta o è incapace di soddisfare le richieste di conforto del bambino; non è in grado di funzionare da “specchio” in cui si riflettono gli stati interni del bambino.
Questi genitori non sembrano consapevoli delle loro difficoltà (si ha l’impressione che vadano sempre “di fretta”, appaiono superficiali) e possono essere presi da tutta una serie di problemi (liti con il partner, separazioni, abbandoni ecc.). Il genitore e il bambino sono spesso ognuno per proprio conto; le reazioni emotive sono piatte, coartate e sia l’uno che l’altro non sembrano trovare soddisfazione o piacere dall’essere insieme. |
RELAZIONE ANSIOSA/TESA | Il genitore ha una sensibilità estremamente alta in risposta ai segnali del bambino, è spesso iper-protettivo, tocca il bambino in modo goffo e teso, è speso ansioso e sbaglia a interpretare il comportamento e lo stato emotivo del bambino. In risposta anche il bambino può mostrare ansia nei confronti del genitore. |
RELAZIONE ARRABBIATA/OSTILE | Il genitore, senza accorgersene, può essere insensibile al bambino, può toccarlo in modo brusco, può schernirlo, deriderlo, ridicolizzarlo. Osservata dall’esterno, la relazione trasmette un senso di rabbia e di ostilità.
Il genitore può percepire la presenza del figlio come un peso, giudicare eccessive le richieste del bambino e irritarsi per questo. Il bambino può essere pauroso oppure aggressivo e può evitare il genitore. |
Come si affrontano questi problemi: l’intervento deve essere tempestivo e deve essere preceduto da una buona valutazione. Successivamente l’attenzione deve ricadere sulla modificazione degli scambi interattivi. Vista l’importanza della responsività empatica dei genitori nello sviluppo infantile, nei confronti delle relazioni primarie e dell’attaccamento ci si dovrebbe orientare massimamente in senso preventivo, sostenendo il primo instaurarsi delle relazioni. Purtroppo l’intervento è subordinato al riconoscimento da parte dei genitori che la sofferenza del bambino o il disagio provato dal genitore sono eccessivi, e ciò non è scontato.
Spesso è uno dei genitori che insiste sull’altro perché le cose cambino oppure, se il bambino è abbastanza grande da andare a scuola, gli insegnanti possono portare all’attenzione il fatto che il bambino manchi di una base sicura per affrontare autonomamente le piccole grandi sfide quotidiane.
Ancora più incerti sono quei casi in cui esistono abusi e maltrattamenti e dove il rifiuto delle cure specialistiche può essere considerato come un aspetto ulteriore del maltrattamento stesso.
Disturbi psicosomatici
COLICHE DEI PRIMI TRE MESI
Dette anche coliche idiopatiche, si manifestano abitualmente dopo dieci o venti giorni dalla nascita. Consistono in una contrazione della muscolatura che circonda il tratto gastrointestinale o genitourinario del bambino e sono accompagnate da agitazione e pianto che evocano una sofferenza digestiva.
Leggi tuttoLe coliche si scatenano spesso dopo il pasto, dopo un periodo di circa dieci minuti, quando è iniziata la digestione o il bambino si è addormentato. A questo punto il neonato inizia ad agitarsi e a piangere: qualsiasi mezzo per calmarlo sembra non avere effetto. Tuttavia, la suzione o il dondolamento riescono solitamente a calmare il bambino (basta offrire al bambino la tettarella perché inizi a succhiare avidamente), allo stesso modo, il bambino si riaddormenta se viene cullato nella carrozzina e si sveglia per urlare non appena si smette. Solitamente la prima parte della giornata è calma: la crisi si manifesta il più delle volte nelle ore pomeridiane o di sera, protraendosi in certi casi anche per una parte della notte.
Il moltiplicarsi delle crisi, per giorni e settimane, conduce facilmente ad una situazione particolamente stressante e difficile da sopportare.
Dal momento che il cibo calma il bambino, una delle soluzioni adottate dai genitori consiste nel moltiplicare i pasti: questa reazione conduce spesso a problemi dispeptici secondari che aggravano la situazione e la rendono ancora più confusa.
La diagnosi deve escludere la presenza di cause organiche come ad esempio l’occlusione intestinale.
Cause: La causa delle coliche idiopatiche non è univoca: differenti fattori contribuiscono alla loro insorgenza. Tra le cause psicologiche e relazionali bisogna citare la cosiddetta “sollecitudine ansiosa primaria”, ossia la condotta esageratamente attenta di alcune madri nel calmare il proprio bambino dandogli il seno o il biberon. Queste ultime possono essere tese e impazienti ed essere soggette a bruschi scoppi d’ira, ma in generale prestano un’attenzione estrema a ciascuna reazione del bambino, ed è ciò che è fonte di ansia e preoccupazione.
I bambini che soffrono di coliche mostrano spesso una grande sensibilità agli stimoli, sonno fragile e vivacità nello sguardo.
Le coliche sono state osservate più spesso in quei casi dove la gravidanza era stata segnata da grande ansia e livelli di angoscia superiori alla media delle gestanti.
Come si cura: il trattamento consiste nel controllare al meglio le conseguenze ambientali che le crisi tendono a suscitare e soprattutto nell’astenersi dall’intraprendere azioni che possono rivelarsi controproducenti. I genitori devono imparare a contenere le proprie manifestazioni emotive, soprattutto quelle che riguardano l’ansia. Le crisi scompaiono spontaneamente e in modo quasi improvviso tra i due e i tre mesi.
VOMITO
Le forme più comuni di vomito psicogeno escludono le possibili cause organiche come malformazioni digestive, intolleranze, difficoltà di assorbimento e malattia da reflusso gastroesofageo.
Leggi tuttoIl vomito può comparire in maniera episodica alla fine di un pasto e da quel momento iniziare a presentarsi con frequenza quotidiana e per molte volte al giorno. A volte compare senza nessuno sforzo apparente da parte del neonato, altre volte sembra causato da sforzi e contrazioni addominali.
Si manifesta spesso tra il terzo e l’ottavo mese di vita e nella maggioranza dei casi si risolve spontaneamente.
Il vomito abituale testimonia l’esistenza di tensioni con le figure genitoriali, solitamente la madre. Può comparire in risposta all’assenza della figura materna o come reazione psicogena nei riguardi di qualsiasi condizione stressante. Ciò rende chiaro quanto sia difficile per il fragile apparato psichico del bambino piccolo fronteggiare un evento imprevisto e stressante.
Come si cura: nella maggioranza dei casi la perdita di cibo non è così consistente da determinare in seconda istanza denutrizione o disitratazione, per cui il trattamento consiste solamente nel contenere le fonti stressanti per il bambino. Il vomito tende a risolversi spontaneamente dopo l’ottavo mese si vita. In caso di arresto della crescita, rifiuto di cibo o quando il vomito non scompare da solo, occorre l’aiuto di uno specialista.
ASMA
L’asma è un disturbo pediatrico abbastanza comune e in gra Consiste in una costrizione dei bronchi reversibile e si accompagna ad difficoltà respiratorie e ad un suono (fischio) caratteristico durante l’espirazione.
Le crisi possono essere scatenate dal contatto con polveri, animali, cibi, in seguito a infezioni e a fattori di tipo psicologico come forti emozioni, paura o tensione.
Leggi tuttoSpesso, nonostante l’intesità dei sintomi, si resta colpiti dall’atteggiamento del bambino che appare poco disturbato e relativamente tranquillo (diversamente alcune crisi possono essere gravi e necessitano di terapia farmacologica o ricovero).
Cause: L’asma del bambino solitamente insorge dopo i sei mesi di vita ma è più frequente nel bambino più grande. E’ un disturbo complesso in cui concorrono fattori organici, genetici, emotivi e ambientali.
Bambini molto piccoli che hanno difficoltà respiratorie precoci (almeno 3 episodi in un anno), e almeno uno tra i seguenti fattori -> genitore asmatico, dermatite atopica, sensibilità allergica, o due dei seguenti -> eosinofili periferici >4%, sensibilità al cibo, infezioni, hanno una probabilità del 65% di sviluppare l’asma a 6 anni. Se nessuno di questi criteri è presenti, la probabilità scende al 5%.
Sulla base dell’esordio e della sintomatologia si possono distinguere 3 tipi di asma nei bambini:
- Affanno transitorio – presente nei primi 3 anni di vita e con successiva scomparsa spontanea. Si associa a diminuzione funzionale dei polmoni alla nascita, che nel tempo tende a normalizzarsi.
- Affanno persistente – i sintomi si sviluppano entro i 3 anni e persistono oltre questa età. E’ più presente nei figli di genitori asmatici. La funzionalità polmonare è normale alla nascita ma decresce fino ai 5-10 anni di età.
- Affanno ad esordio tardivo – compare tra i 3 e i 6 anni. E’ associata a sensibilizzazione allergica con stabilizzazione della funzione polmonare dopo i 10 anni.
Fattori di stress cronico o acuto sono ritenuti direttamente responsabili di influenzare in vari modi le manifestazioni asmatiche. Spesso le madri dei bambini asmatici sono state descritte come “iperprotettive” e i loro bambini come eccessivamente dipendenti da loro in una condizione dove il rapporto con il genitore appare “sovraccarico”.
Come si cura: Normalmente l’asma infantile guarisce spontaneamente. In pochi casi persiste fino all’adolescenza e molto raramente permane in età adulta. I casi più gravi vanno affrontati in una terapia congiunta medica e psicologica (di coppia -madre bambino- o familiare).
LARINGOSPASMO
Si tratta di un disturbo emotivo molto frequente che insorge tipicamente tra il primo e il secondo anno di vita in bambini sanissimi e con un ottimo sviluppo intellettivo. Il bambino rimane senza fiato e sviene, per poi riprendersi quasi subito. Si distinguono due forme:
- la forma blu (o cianotica)
- la forma pallida (o sincopale)
Nella forma cianotica, di fronte a una forte frustrazione, una contrarietà, una collera, il bambino inizia a singhiozzare con forza fino a quando in un’ultima scossa il torace si blocca e il bambino rimane in apnea. Quando l’apnea si prolunga il bambino diventa progressivamente cianotico e infine sviene e cade a terra.
Nella forma pallida lo stress emotivo che scatena la crisi è di tipo diverso e riguarda più tipicamente un forte spavento, un dolore o comunque un evento imprevisto e traumatico. In questo caso il bambino diventa presto pallido e cade svenuto; frequentemente compaiono delle convulsioni.
In entrambe le forme la durata varia da pochi secondi a un minuto, dopodiché il bambino riprende coscienza e sembra aver dimenticato l’accaduto. Talvolta si addormenta e appare abbattuto.
La crisi si manifesta sempre nel contesto del nucleo familiare e spesso in presenza della stessa persona. La relazione che intercorre tra il bambino e questa persona costituisce il nucleo per la comprensione del disturbo. La forma blu si ritrova spesso in quei bambini dal temperamento forte, tirannico, e che sono capaci di provare collera per motivi banali. La forma pallida invece caratterizza i bambini più timorosi e ansiosi.
Diagnosi: Il laringospasmo va distinto dall’epilessia; le crisi epilettiche compaiono senza una causa identificabile. Nel laringospasmo, a differenza dell’epilessia, non sussistono alterazioni neurologiche.
Come si cura: l’intervento terapeutico sui genitori risolve immediatamente questa condizione. Spesso, la reazione naturale di grande angoscia nell’assistere impotenti alle crisi, porta i genitori a sviluppare un atteggiamento remissivo e di sottomisione nei confronti dei figli: ogni forma di autorità genitoriale può venire accuratamente evitata pur di evitare una crisi (senza contare che in questo modo il bambino viene privato della possibilità di sviluppare una tolleranza alle frustrazioni, aumentando paradossalmente le possibilità che il laringospasmo si presenti nuovamente).
L’identificazione di questi comportamenti e linversione della tendenza costituisce il passo principale per la risoluzione.
Disturbi della regolazione
I disturbi della regolazione sono caratterizzati dalla difficoltà di regolare il comportamento, i processi fisiologici, l’attenzione, la motricità e nell’organizzare uno stato di calma, vigilanza o uno stato affettivo positivo. Il bambino si presenta fin dai primi giorni particolarmente difficile da gestire.
Ben presto questa disregolazione generalizzata ha effetti secondari negativi sull’ambiente familiare e può portare a uno stress cronico nei genitori, che si rifletterà ulteriormente nella qualità delle risposte fornite al bambino.
Leggi tuttoIl bambino può presentare disorganizzazione nei principali ambiti; il sonno, l’alimentazione o il controllo sfinterico; nell’area della motricità grossolana o fine, nella capacità di mantenere l’attenzione su un dettaglio (o al contrario perseverare su un dettaglio), negli affetti (passaggi bruschi da serenità e gioia a tristezza e rabbia), nel comportamento (aggressivo/impulsivo).
La diagnosi di queste condizioni è complessa e richiede la presenza anche di specifiche difficoltà sensoriali (percezione e propriocezione degli stimoli).
Cause: considerando i bambini dal temperamento più difficile, quelli con disturbo della regolazione corrispondono ad una minoranza all’estremo di questa categoria. Queste caratteristiche problematiche sono in genere di natura costituzionale o maturativa, ma non bisogna dimenticare che la qualità delle cure può accentuare le difficoltà o al contrario diminuirle. Nel primo caso, i bambini sono esposti ad un rischio molto alto di sviluppare nella seconda infanzia altri disturbi comportamentali.
Si tratta di condizioni relativamente rare. I dati sulla diffusione nella popolazione sono relativamente inaccessibili a causa del recente inquadramento diagnostico e perché certe configurazioni cliniche possono essere difficilmente distinte da altre difficoltà che riguardano il primo sviluppo.
Come si affronta: il trattamento consiste nel favorire il migliore supporto ai genitori che dovranno trasferire le proprie strategie di regolazione al bambino. Un buon inquadramento diagnostico, come sempre, si rivela fondamentale e può evitare che in futuro si instaurino schemi comportamentali e sociali problematici.
TIPO I -IPERSENSIBILE (pauroso e cauto)
Questi bambini appaiono inibiti e impauriti. Non sono in grado di autoconsolarsi. Tendono ad allarmarsi per poco, per rumori forti o luci abbaglianti. Sono anche molto sensibili al tocco. La reazione tipica agli stimoli nuovi è il pianto. Possono avere difficoltà nei movimenti fini e nella postura. Si tratta di bambini che esplorano molto poco l’ambiente.
TIPO I -IPERSENSIBILE (negativo e provocatore)
Nel comportamento questi bambini sono ostinati, negativi, oppositivi. Tendono a controllare il comportamento altrui. Tendono ad evitare la novità e preferiscono la ripetitività. Mostrano un certo autocontrollo. A livello motorio e sensoriale mostrano le stesse caratteristiche del tipo precedente. Mostrano una quantità diminuita di affetti positivi.
TIPO II – IPOREATTIVO (distratto e difficile da coinvolgere)
Nel comportamento questi bambini appaiono distratti, apatici, chiusi e apparentemente poco interessati agli altri. Gicano ed esplorano l’ambiente in modo limitato e preferiscono la ripetitività; i giochi che inventano non sono particolarmente fantasosi. Mostrano una risposta scarsa agli stimoli sonori, al movimento e una ipo o iper-reattività al tatto. Nel bambino più grande può esserci un ritardo nello sviluppo verbale.
TIPO II – IPOREATTIVO (autocentrato)
Si tratta di bambini creativi; appaiono assorti, distratti. Sembrano preferire le porprie sensazioni interne piuttosto che il mondo esterno. Giocano in modo solitario.
TIPO III – IMPULSIVO
Si tratta di bambini molto attivi e che ricercano continue stimolazioni e contatto fisico. La continua ricerca di stimoli, anche intensi, può esporre questi bambini a condotte pericolose; mostrano il bisogno di vere e proprie scariche motorie ma la scarsa capacità di modulare l’attività stessa li espone al rischio continuo di incidenti. Il basso controllo del comportamento e dei movimenti li porta a rompere oggetti, invadere lo spazio fisico degli altri e urtare inavvertitamente le persone. Per queste caratteristiche può essere definito aggressivo, piuttosto che eccitato e poco organizzato. Nel periodo scolastico la scarsa modulazione della motricità fine diventa più evidente (ad esempio con disortografia).
Disturbi affettivi
I disturbi affettivi del bambino (ansia – depressione) derivano da una alterazione delle sue esperienze emozionali. Diversamente da altre condizioni, non comportano gravi ritardi dello sviluppo, ma devono essere affrontati subito poiché tendono a passare dalla prima infanzia, alla fanciullezza e fino all’adolescenza e all’età adulta, con un peggioramento sensibile della qualità della vita.
Leggi tuttoDISTURBI D’ANSIA
Consistono in una serie di paure specifiche o multiple, ansia per le separazioni o timore eccessivo delle persone estranee, agitazione, pianto o urla incontrollate, disturbi del sonno e dell’alimentazione, che durano per più di 2 settimane e interferiscono in maniera significativa con le attività familiari, sociali o scolastiche.
I disturbi d’ansia insorgono non per una singola causa quanto piuttosto per un insieme di fattori costituzionali (temperamento inibito) e ambientali (esperienze traumatiche -ansia nei genitori).
Nel disturbo d’Ansia da Separazione il bambino appare eccessivamente angosciato quando deve separarsi dai genitori, quando deve andare a scuola e in altre situazioni; ripetute lamentele di sintomi fiici come cefalea, mal di stomaco e disturbi del sonno con incubi correlati. Compare tipicamente in età prescolare (4-5 anni). Quando il bambino è piccolo è frequente il pianto disperato, l’agitazione, aggrappamento al genitore, inconsolabilità, vomito, enuresi. Compaiono preoccupazioni bizzarre come paura dei mostri, fantasmi o extraterrestri che li aspettano nella loro stanza. Possono temere che i genitori restino vittime di incidenti quando escono per andare a loro, ma difficilmente lo confessano. Possono interessarsi eccessivamente degli affari degli adulti e si intromettono per non rimanere soli, oppure possono lamentarsi di non essere amati.
Nel disturbo d’Ansia Generalizzato le preoccupazioni non riguardano specifiche situazioni ma sono presenti la maggior parte del tempo. Il bambino appare irrequieto, irritabile, ha difficoltà a dormire e a concentrarsi e si stanca molto facilmente. Si tratta di bambini che esprimono preoccupazioni nei confronti della scuola, ma sono anche spaventati dagli eventi naturali come terremoti e altre catastrofi; cercano sempre di portare a termine tutti i loro compiti alla perfezione, cercano di piacere agli altri e chiedono continue rassicurazioni sulle loro capacità. Sono molto sensibili alle critiche.
Nella Fobia Sociale l’ansia insorge quando il bambino deve interagire con persone sconosciute e nelle situazioni in cui può essere osservato o giudicato. Si può parlare di ansia sociale patologica dopo i 3 anni, quando questa è talmente intesa da interferire con le normali attività della famiglia. Dai 4 ai 6 anni il bambino si nasconde dietro i genitori, piange, grida e si arrabbia. Dai 6 anni il bambino rifiuta la scuola e questo è il segno che comporta la massima attenzione da parte dei genitori e li spinge a rivolgersi a qualcuno.
Come si curano: quando l’ansia viene affrontata subito può essere sufficiente un intervento psicoeducativo ed esplicativo che rassicuri il bambino e la famiglia. Nelle forme più intense la psicoterapia è la prima scelta: deve coinvolgere anche i familiari ed essere centrata sulla migliore comprensione delle angosce del bambino e dei sui bisogni di essere supportato. Il bambino può essere aiutato a sviluppare strategie cognitive che gli permettano di maturare la propria autonomia.
DEPRESSIONE
Per lungo tempo si è creduto che la depressione fosse un problema degli adulti. Al contrario, non solo i sintomi depressivi possono comparire nell’infanzia (4-6 anni) ma tendono a presentarsi continuativamente lungo l’intero arco di vita: in altre parole bambini depressi tendono a diventare adolescenti depressi e infine adulti depressi.
Problemi inerenti alla depressione riguardano 3 bambini ogni mille in età prescolare (4-6 anni). Il numero sale al 2-3% in età scolare (6-12 anni) e si assesta intorno al 7-8% in adolescenza.
Manifestazioni cliniche: nei bambini l’umore depresso si presenta facilmente sotto forma di irritabilità. E’ evidente la mancanza di piacere nello svolgere i giochi e le attività abituali (anedonia); Il bambino appare stanco, apatico, ha difficoltà a concentrarsi, può diminuire o aumentare di peso e presentare problemi nell’attività del sonno. L’espressione del viso è triste, la postura evidenzia fatica e abbattimento. Sono presenti sentimenti di colpa o scarsa autostima. Possono essere presenti pensieri e idee di morte.
Per poter parlare di depressione, questa situazione deve perdurare per un periodo di almeno 2 settimane (diversamente, tristezza, apatia e affaticamento devono essere intesi come normali reazioni ad eventi negativi).
Cause: La depressione è influenzata da fattori genetici, neurobiologici (ridotto tasso di serotonina e norepinefrina) e ambientali. La depressione è correlata ad eventi di vita negativi come lutti, separazioni, difficoltà scolastiche ecc. I genitori con depressione mostrano una minore reattività a stimoli positivi e comunicano molto meno con i loro figli (trasmettono caratteristiche cognitive e modelli di pensiero pessimistici ai loro figli). La scarsa presenza di calore materno sembra essere un fattore di rischio importante.
Come si cura: gli interventi per la cura della depressione consistono in interventi di prevenzione (ad es. trattamento della depressione post-partum, psicoeducazione a scuola, gruppi di genitori con depressione), interventi farmacologici e psicoterapia.
Nei confronti deibambini gli antidepressivi non possono ovviamente rappresentare la prima scelta, per di più se l’efficacia di questi farmaci (ad es. fluoxetina) viene confrontata con l’efficacia della psicoterapia. Infatti è dimostrato che interventi mirati di psicoterapiahanno una efficacia del 60% (la stessa % ottenuta con i farmaci). L’intervento deve riguardare sia il bambino che l’ambiente circostante (i genitori non devono sentirsi accusati ma positivamente coinvolti per il ruolo positivo che possono svolgere nel migliorare la situazione); in più, un setting ampio può essere l’occasione per analizzare eventuali modelli di interazione disfunzionali che possono aggravare e mantenere i sintomi depressivi.